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V E

 

Siamo in videolezione. Ora di latino, prima ora.
La professoressa sta spiegando. Qualcuno ha la videocamera spenta, un altro fa colazione ancora con gli occhi stanchi, un altro ancora è sul letto con lo sguardo perso a seguire la lezione. Io sdrammatizzo leggendo un messaggio scritto al Presidente del consiglio, Giuseppe Conte. La professoressa ride, sa che voglio solo evitare di pensare alla situazione terribile che stiamo vivendo.



Quinto anno, ultimo al liceo, ultimo anno che avremmo potuto passare tra quei banchi con le lacrime agli occhi dopo aver preso un brutto voto, l’ansia del compito in classe, “Forse la professoressa ci farà un compito a sorpresa”, la sveglia presto, gli abbracci con gli amici, gli scherzi, i litigi, la foto di classe immancabile il primo giorno di scuola.
Ehi, domani tu porti greco e io matematica? Lo zaino pesa troppo altrimenti”. Le assemblee, le canzoni, i balli.
Più i giorni passano e più ci rendiamo conto che il Covid ci ha rubato parte della nostra adolescenza, dalla scuola alle uscite il sabato sera, dal pranzo insieme dopo la scuola ai giorni passati a studiare insieme, uno a casa dell’altro.

Adesso quell’ansia, quella felicità, quei sorrisi, quegli abbracci si sono tramutati in un “Non mi va la wifi!”, “Non riesco ad accendere il microfono”, “Prof, la linea va a tratti, può ripetere ciò che ha detto?”, “È iniziata la lezione?”, “Vi siete collegati?”.
Io intanto mi collego, sono sempre una delle prime a partecipare alla lezione; chiudo il microfono, apro la videocamera, sorrido alla prof che sta per fare l’appello, ma non so se lei mi vede perché sulla schermata appaiono solo nove persone.
Alcuni professori fanno lezione da casa, altri da scuola ed è triste sentire la voce della professoressa che echeggia tra i banchi vuoti.

La parola preferita dai professori ultimamente è “esame”, a noi invece fa paura. 
Come faremo? E il pranzo dei 100 giorni? E come si svolgerà l’esame? 
Non lo sappiamo, non lo sa nessuno, solo il Covid sa cosa succederà.

È difficile vedere attraverso uno schermo le persone con le quali hai condiviso tutto, con le quali sei cresciuta e con le quali hai passato momenti indimenticabili.

Adesso li guardo. Tutti aspettano il professore di filosofia, io invece mi soffermo ad osservare la mia compagna di banco (mai cambiata in quattro anni), la ragazza con la quale  litigo sempre ma dopo un po’ faccio pace, le mie migliori amiche viste solo un paio di volte dopo il lockdown, il professore che mi richiamava ogni volta che il mio sguardo si perdeva fuori dalla finestra della classe.

Mi manca tutto ciò, mi manca il caffè la mattina al bar della scuola, la ricreazione in cortile, il cornetto diviso con l’amico, il sorriso spensierato quando si usciva da scuola e molto altro.
Le lacrime servono a poco, chissà per quanto tempo continueremo a scriverci: “Mi manchi”! Chissà per quanto tempo ancora il computer sarà parte integrante delle nostre giornate, chissà quando potremo ritornare a scuola a riabbracciarci!

Non lo so, credo che nessuno abbia la risposta, ma continuo a sperare che tutto finirà al più presto.

Beatrice Carnevale, classe V E