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ESPRIMERE LA PROPRIA OPINIONE NON È UN ATTO TERRORISTICO

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In molti paesi raccontare la verità, firmare un’inchiesta, denunciare e informare è diventato realmente pericoloso e sono molti i giornalisti uccisi perché difendono la  libertà di informazione, perchè hanno il coraggio di raccontare quello che accade e perché lottano contro il potere che li vuole imbavagliare.

L’informazione sta pagando il suo prezzo sul terreno della guerra in Ucraina. Cinque i reporter uccisi a venti giorni dall’inizio del conflitto  e almeno 35 feriti, anche gravemente. Gli ultimi a perdere la vita sono stati il cameraman irlandese della Fox News Pierre Zakrzewski, veterano dei conflitti (dall’Iraq all’Afghanistan) e la giornalista ucraina Alexandra Kuvshinova, colpiti mentre erano in auto vicino al villaggio di Gorenki, nei pressi della capitale, sulla strada per Irpin. Insieme a loro c’era anche il corrispondente dell’emittente Benjamin Hall, rimasto ferito in modo grave. Tra le altre vittime il cameraman Yevhen Sakun, coinvolto nell’attacco missilistico alla torre della tv e il giornalista e videoreporter americano Brent Renaud, già collaboratore del New York Times, colpito durante i combattimenti a Irpin.

Anche in Russia quello di giornalista è un mestiere tutt’altro che semplice, soprattutto a partire dagli anni Novanta è diventato progressivamente più pericoloso. Questi sono stati gli anni in cui si sono manifestate in modo evidente le forti limitazioni alla libertà di stampa in Russia. L’opinione pubblica internazionale ha iniziato seriamente a interessarsi al fenomeno solo in seguito all’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006, nel periodo in cui accusava Putin di aver fatto della Russia uno stato di polizia. Nei suoi articoli per Novaja Gazeta, la giornalista criticava apertamente il Governo per le violazioni dei diritti civili e dello stato di diritto. 

Anna Politkovskaja è una dei 31 giornalisti uccisi in Russia tra il 1999 e il 2022, ovvero da quando Vladimir Putin ha avuto tra le mani le redini del paese come primo ministro o come presidente. Secondo i dati raccolti dal CPJ sono ben 36 i giornalisti assassinati dal 1992, di cui sei scrivevano per Novaja Gazeta, il giornale più indipendente in Russia. Una situazione che Dmitrij Andreevič Muratov, direttore di Novaja Gazeta e vincitore del Premio Nobel per la pace 2021, ha definito “insostenibile, tossica”.

Molti di questi omicidi, che sono avvenuti in corrispondenza di eventi che hanno segnato la storia russa e provocato critiche all’operato di Putin, per esempio le guerre che hanno coinvolto l’esercito russo in Cecenia e in Ossezia, sono ancora senza un colpevole.

Il Messico è anche uno dei paesi con il numero più alto di giornalisti uccisi ogni anno che continuano a pagare con la vita il prezzo della libertà di espressione e della ricerca della verità dei fatti.

L’ultimo bersaglio della violenza contro chi fa informazione in uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti, è Lourdes Maldonado, assassinata nella notte di domenica 23 gennaio a Tijuana, nello Stato della Baja California, al confine con gli Stati Uniti. Il corpo è stato ritrovato nella sua automobile, crivellato da colpi di arma da fuoco. I giornalisti Lourdes Maldonado, José Luis Gamboa Arenas, Margarito Martinez Esquivel e Roberto Toledo, solo per citarne alcuni, sono stati prima minacciati e poi assassinati per le loro denunce contro la corruzione.

COSENZA 26/03/2022

Giulia Scarpelli, Classe 2 B Ord.

Articolo inviato dalla Prof.ssa Antonella Ventura