PER NON DIMENTICARE.
Artiglio
Lo senti affondare
l’artiglio nel cuore?
E’ il nèfesh ad abbandonare
un uomo che muore
Sei tu che hai rubato
giorni, attimi ed ore
al fratello abusato
che non hai voluto salvare
Tu che alla nuca miravi
e hai accolto il fucile
ma anche tu, tra gli ignavi
che non l’hai aiutato a fuggire
Và dalla madre che è a terra
e gli occhi e le dita raccoglie
del figlio arso dalla guerra
scartato come sfalci e ramaglie
Dille che hai ucciso e torturato
una colomba, servo del tuo Stato,
e hai seminato crepe, tormento e grano
trasformando un rosario in aghi di pino
Non sei andato a scuola
o non te l’hanno mai detto?
L’orrore delle morti
dei confinati nel ghetto
Scavàti i loro corpi come calanchi
erosi dal supplizio e secchi come tronchi
non ti nascondere insieme ai peccatori
in leggende che sono allunghe di livori
Dentro caldaie bianche di spume amare
in cui i denti sono tetti di un altare
quando trovare uno spigolo di pane
procurava una ferita e lacrime piene
In un catino argentato getta il tuo perdono
in memoria di coloro che più non sono
ma sono stati e per sempre uomini saranno
potevan essere tuo padre e oggi un saggio nonno
Tu che hai vent’anni e sei felice
non consegnare mai più un penoso calice
ama come il tuo Dio l’intera umanità
spersore di stigmate di immortalità
Urla che il contrario della morte
non è la vita
ma l’amore dall’anima di seta
GABRIELE GAROFALO, III E