testata grande2

mandala

Mandla Langa è uno scrittore sudafricano di valore, amico di Nelson Mandela, ancora non pubblicato in italiano, ma letto, amato e tradotto dagli studenti di III B, guidati dalla prof.ssa Catia Mele, che ha dato loro modo di conoscere,

attraverso le pagine dei suoi libri, una reltà nuova ed un punto di vista diverso sul mondo. I ragazzi si sono messi in contatto con lo scrittore, a cui hanno inviato il lavoro di traduzione che pubblichiamo sotto, e hanno instaurato con lui un rapporto di amicizia e di scambio, ricavandone lezioni di pace e umanità profonda.

 

Il Raduno degli Uomini Calvi

Mandla Langa

(Titolo originale del racconto: A Gathering of Bald Men,tratto da The Naked Song. Traduzione di Luca Capodacqua, Giulia Ciardullo, Valeria Dorsa, Enrica Fuorivia, Pasquale Garofalo, Alysia Lepore, Elisa Vitalasse, classe III B; a cura della Prof.ssa Catia Mele)

 

Caleb Zungu aveva quarantatré anni, era sposato con Nothando da tredici e aveva due figlie, Buzi di otto e Khwenzi di quattordici. Aveva una casa a Norwood, un'automobile e due cani dal dubbio pedigree. Faceva l’assicuratore per l’Allied Life da cinque anni. Era indebitato con la banca e sperava che la Provvidenza un giorno o l'altro, alla morte di un lontano zio, gli avrebbe procurato una discreta eredità. Nothando aveva fatto carriera, passando da Kelly Girl[1], a un lavoro a tempo pieno nel Dipartimento delle Risorse Umane della Transtar, una ditta di trasporti.

Le ragazze erano in vacanza ed i cani, chiamati talvolta con nomignoli tipo 'Voetsek!'[2]oppure con 'Venite qui, ragazzi ', erano contenti della loro vita.

Un lunedì di fine aprile, Caleb si svegliò, fece una doccia, si lavò i denti e si vestì. Faceva un figurone nel suo completo gessato blu navy, camicia bianca, cravatta rossa e scarpe nere. Sorseggiò velocemente il suo caffè e tornò in bagno. Nothando stava per far cadere la sua tazza di caffè quando udì l'urlo di Caleb provenire dal bagno. Pensando che suo marito avesse avuto un ictus, come era già successo a due suoi familiari, rovesciò il suo caffè correndo a soccorrere il marito. Trovò Caleb con la testa ricurva, mentre tastava un principio di calvizie della grandezza di una moneta da un rand[3] che sembrava essere spuntato la notte prima sulla sua testa. In piedi, dietro di lui, che in modo poco lusinghiero si lamentava di fronte allo specchio della perdita di capelli, Nothando avvertì un brivido di tenerezza. Perché gli uomini erano così infantili? Tentò di dargli conforto, facendogli notare che la calvizie era sinonimo di virilità e che lo rendeva molto più affascinante e distinto. Resistendo alla tentazione di baciarlo sulla zona dove era spuntata la calvizie, Nothando spinse il marito bruscamente verso la macchina - una Renault di seconda mano, rosa shock che egli non aveva mai trovato il tempo di riverniciare. Mentre lei in piedi sull'uscio si sforzava di salutarlo come tutte le mattine, lui non le ricambiò il saluto. Nothando sapeva che Caleb era profondamente turbato; non aveva neanche preso il suo cellulare. Intanto, mentre si preparava per andare al lavoro, arrivò la sua baby-sitter per portare le bambine sulla retta via. Alle ragazze magari sembrava troppo dura, specialmente a Kwenzi, che passava molto tempo a flirtare al telefono. Nothando aveva cominciato a preoccuparsi soprattutto da quando sua figlia aveva cominciato a scarabocchiare “I ♥ JM” sulle sue scarpe da ginnastica e ad ascoltare le canzonette di Seal[4] con un’espressione estasiata in faccia. Rifletté su chi diavolo fosse “JM”; probabilmente uno di quei teppisti tormentati dall'acne, dalla parolaccia facile e vestiti con giacche smisurate, pantaloni larghi e alte scarpe slacciate che stavano stravaccati agli angoli delle strade fischiando a ogni ragazza che passava. Anche se Nothando si era trasferita in una zona rispettabile, aveva comunque mantenuto i contatti con alcuni fratelli della strada. Se JM avesse mancato di rispetto a sua figlia, non avrebbe esitato a chiamare qualche amichevole sgherro del quartiere. A Caleb nascose le sue apprensioni: ora che lui si sentiva in quel modo, con quell'improvvisa perdita di capelli, lei non avrebbe mai voluto avere un cadavere sulla coscienza.

La persona che Nothando aspettava per un passaggio al lavoro era arrivata. Dopo aver affrontato lo snervante traffico mattutino di Johannesburg, lei e Marcia, che guidava una nuova Toyota Conquest, arrivarono a lavoro giusto in tempo. Il responsabile del marketing, Mr. Peter Marshall, stava come al solito lamentandosi della mancata puntualità dei suoi dipendenti. “L'RDP[5] finirà giù nel cesso”, amava ripetere come un predicatore invocante le sacre scritture, “se voi scansafatiche continuerete a lavorare in questo modo”. Scansafatiche! Nothando pensò aspramente, “questi bastardi non cambiano mai, neanche fossero i luogotenenti di Jay Naidoo”[6] . Tornò col pensiero al problema di suo marito, sapendo che alcuni uomini si erano suicidati per la perdita di capelli. Un uomo che faceva questo non era degno di vivere in ogni caso, pensò arrabbiata. Il suicidio, pensò, è la più grande forma di autocommiserazione. Caleb le aveva raccontato di molte persone suicide che avevano provato ad incastrare le compagnie di assicurazioni facendo sembrare le loro morti omicidi o incidenti. Non ci si guadagnava nulla ad ammazzarsi; nella Chiesa Cattolica si veniva persino banditi dal Paradiso. Nothando all'improvviso realizzò che non sapeva realmente se Caleb fosse un tipo da suicidio. La crisi di nervi di quella mattina nel bagno aveva mostrato un'altra parte di lui. Si sarebbe veramente arrabbiata se si fosse tolto la vita.

Non poteva sapere che, comunque, esattamente in quel momento, Caleb era in una sala riunioni dove il dottor Arnold Spicer, laureato ad Harvard, stava urlando aspramente contro tutto il personale. I profitti erano bassi, molto più bassi di quelli previsti dal venditore. Quando Sanders, un tipo scaltro specializzato in rendite di pensionamento, segnalò che era un periodo buio per l'economia, Spicer ribatté che se ne infischiava del periodo buio. “La popolazione sta crescendo giorno dopo giorno”, continuò, “e molte persone stanno invecchiando; hanno paura della morte e hanno bisogno di assicurazioni. E voi tutti siete seduti qui a scaldare il vostro fondo-schiena, parlandomi del periodo buio”. “Bene!”, pensò Caleb, invidioso di Spicer la cui la testa era piena di capelli che arrivavano sulle spalle. “E’ facile a dirsi per lui che non deve andare in giro a cercare clienti”. Caleb si sentì stranamente vulnerabile, dal momento che il suo incarico era quello di attirare clienti neri. Non c'era da guadagnarci tanto, per la semplice ragione che il business dei neri sembrava interessato solo ad alimentare il lavoro nero. Ce l'aveva con Spicer, avrebbe voluto informarlo che molti neri se ne infischiavano delle assicurazioni; quelli che ne avevano una erano lenti nel pagare gli interessi. Quando telefonava ai suoi acquirenti durante il fine-settimana, sapeva per certo che i loro figli avrebbero risposto secondo le istruzioni ricevute: ‘No, papà non è in casa, è andato a Thohoyandou’. Caleb sapeva che il suo interlocutore si sarebbe inventato un sacco di scuse e che quel disgraziato non doveva essere scocciato, probabilmente perché stava smaltendo i postumi di una sbornia.

Oggettivamente, Caleb non aveva tempo per prendersi una sbornia, era troppo occupato. In un solo fine settimana, due dozzine di suoi debitori erano andati a Thohoyandou, dove forse si teneva un convegno contro le assicurazioni. Doveva inventarsi qualcosa per farli uscire allo scoperto. Caleb si riteneva un uomo tollerante. Il suo lavoro lo richiedeva. Ma una cosa che lo irritava erano le persone che ridevano di lui. Il problema non era tanto che le persone non avevano i soldi per pagare, quanto il fatto che erano troppo pigri per raggiungere le tasche delle loro giacche, prendere il libretto degli assegni e firmare sulla linea tratteggiata. Si ricordò di un impiegato che aveva avvicinato con l'intenzione di vendergli un’assicurazione. Dopo la solita spiegazione che l'uomo aveva attentamente ascoltato, Caleb aveva pronunciato un discorso, il più politicamente corretto possibile, su come l'assicurazione aiutasse l'RDP. L'uomo rise così tanto che Caleb ebbe paura che lo avrebbe gonfiato di botte. "Sai come chiamiamo il vostro RDP tra di noi?" chiese. “Real Dummies Pay”[7]. Cosa doveva fare con certa gente? Non c’era da meravigliarsi se stava perdendo i capelli! Per la prima volta dopo lunghi mesi di astinenza, sentiva il bisogno di un drink.

Mentre guidava lungo la Empire Road, gli vennero in mente uomini famosi che in vita erano stati calvi. C'era Winston Churchill: “Sarà lunga, sarà difficile e non ci saranno esitazioni”. Quello era un pezzo classico, e Churchill era considerato un sex symbol. Gandhi? Beh, Gandhi era famoso per altre cose, i suoi occhiali e il dhoti, non poteva andare lontano; né poteva immaginare i sudafricani che seguivano un leader che indossava pannolini. Bruce Willis? Era un attore, non c'era alcuna garanzia che il suo cuoio capelluto non stesse altresì recitando la parte di un calvo. Hitler era calvo, o indossava solo un toupet? E a proposito di Rajbansi, la sua chioma non era stata deturpata dopo che i Boeri lo maltrattarono? Ragazzi, quello sì che era triste – perfino dalla telecamera. Se il presidente Mandela fosse stato calvo, molti calvi come Caleb avrebbero camminato a testa alta. Il fatto che De Klerk non fosse più al vertice, peggiorava solo le cose. Faceva sembrare la sua calvizie una debolezza.
Parcheggiò la sua macchina a Pretoria Street, di fronte al mercato della carne di Hillbrow. Lanciando una moneta da cinquanta centesimi ad uno di quegli abusivi dei parcheggi che fiancheggiano le strade delle aree sviluppate di Johannesburg, procedette verso la taverna all'angolo. Erano le 11.30 del mattino; Caleb giustificò la sua bevuta così mattutina con la peculiare natura della giornata. All'interno del bar una musica Zairiana a tutto volume proveniva da un impianto stereo. L'illuminazione interna era stile nightclub, con luci stroboscopiche e lampade deboli che pendevano dal soffitto, e dava al bar una certa aria di mistero, un misto di intimità e minaccia. Degli uomini sinistri bevevano al buio le loro birre scure, parlando a bassa voce. Il bar era il posto preferito dei corrieri di droga, degli immigrati clandestini, delle persone che operavano al limite della legge. Due donne in abiti vistosi e tacchi alti danzavano senza voglia, i loro occhi erano luminosi, davano l'effetto dei neon senza tubicini. Caleb si chiese se quell'edificio fosse assicurato in caso di incendio. Scelse un tavolo distante dal bancone. Nel momento in cui si sedette, un cameriere gli si avvicinò e gli porse un menù. Caleb gli disse che voleva solo bere. Il cameriere si riprese il menù e gli chiese cosa volesse. Caleb decise di prendere una birra, sapendo che non c'era da fidarsi di altre bevande. Si ricordò di un visitatore inglese che aveva ordinato del rum; quando gli fu servito il drink, l'uomo ne bevve solo un sorso e se ne andò subito. Caleb ascoltò il basso pulsante e le chitarre che accompagnavano un'aggressiva voce maschile. Era alla sua terza birra, quando le donne danzanti cominciarono ad avere un certo fascino sensuale. Allora prese in considerazione il suicidio. Piangeva nel bicchiere, mentre pensava a Nothando e alle ragazze. Cosa sarebbe successo loro? Era in rosso con la banca; anche se il suo conto non fosse stato in rosso, pensò, la celebrazione funeraria avrebbe senza dubbio provocato un grosso buco nel suo conto bancario. Nothando sarebbe piombata nello sconforto, le bambine - specialmente Khwezi che era già un adolescente molto combattiva – avrebbero sputato sulla sua tomba.

Ma l'alternativa era addirittura peggiore. Sapeva che perdere i capelli era il presagio di una più grande e più devastante perdita. Con la fortuna che si ritrovava aveva esaurito velocemente i clienti inadempienti, poteva facilmente vedere l'immagine di sé stesso, da lì a pochi mesi: stava sull'angolo di una strada e portava un cartello con un messaggio che descriveva le sue pene. Si immaginò totalmente calvo, in abiti logori, mentre bussava al finestrino di un'auto, lanciando una lattina sul naso del conducente. Forse avrebbe dovuto iniziare subito ad imparare i trucchi del mestiere nel settore dell'elemosina. Pensò alle sue figlie che lo avrebbero visto in quello stato, negando di conoscerlo per la vergogna, desiderando la sua morte. Sì, pensò, meglio la morte!

Sentendosi subito sollevato come se fosse stata una grande decisione per lui, Caleb mise alcune banconote di rand sul tavolo, si alzò, raccolse la valigetta e si abbottonò la giacca. Fu allora che un uomo entrò e si diresse dritto al tavolo di Caleb. Era un uomo bianco scarno dell'età di Caleb, con un viso giallastro segnato dalle intemperie e con la testa liscia come una palla da biliardo. Il cappotto color kaki, la felpa gialla, i pantaloni grigi laceri e un paio di Converse, da cui piccole dita brune spuntavano come bambini dispettosi, che gli davano l'aspetto di un borseggiatore fuori allenamento. Arrotolato sotto al braccio teneva un pezzo di cartone unto come se l'avesse preso dal marciapiede. Emanava un odore di liquore stantio, sudore e smog urbano. Ma c'era qualcosa di strano nel modo in cui si trascinava; i suoi penetranti occhi color ardesia lo distinguevano dalla gente che normalmente frequentava la stazione. “Ho passato l'ispezione?” disse con tono di sfida, trascinando una sedia e alzando lo sguardo verso Caleb. Quando quest'ultimo esitò, indeciso se rispondere al nuovo arrivato o semplicemente continuare per la sua strada come avrebbe voluto, l'uomo agitò un braccio sulla sedia che Caleb aveva appena lasciato. “Siediti, amico mio. Siediti perché non stai andando da nessuna parte”. Caleb aveva già incontrato gente di dubbia sanità mentale, e sapeva come comportarsi con loro. Ma la fiducia verso questo sconosciuto, il modo in cui sembrava prendere il controllo, lo calmò. Si sedette. “Che succede?”

“Stavi pensando di ucciderti, vero?” chiese l'uomo, posando il suo rotolo di cartone sul tavolo. «Ti ho seguito per tutto il tempo. Mi dicevo: 'Quel tizio lo farà.'”

Rise; non era un suono piacevole. "Non c'è bisogno di essere un genio per capire se qualcuno sta per ammazzarsi." Poi si voltò e gridò al barman che li guardava con divertito disprezzo. “Pilsner moja, bareki-sana. Questo è Swahili per dire che voglio una birra, e alla svelta!

“Vai al diavolo, Ranger", strillò il barman. "Non ti darò neanche un bicchiere d'acqua, finché non avrò prima visto i miei soldi.”

“Oh… tu, uomo di poca fede”, si lamentò l'uomo chiamato Ranger. “La tua caparbietà sarà la tua rovina, figlio di Mammona”[8].

“Chi ha detto che devo restituirti dei soldi? Il mio amico qui…” ed egli puntò il lungo, ossuto indice contro la spalla di Caleb, “…è sul punto di suicidarsi…”.

“Adesso aspetta un attimo…”, iniziò Caleb.

“…e mi sembra anche poco conveniente, e senza dubbio contro la crescita economica morire con un gruzzolo in tasca, non pensi?” Ranger si stava divertendo. “Voglio dire, l’inflazione avrà già ridotto il valore di questi rand prima che tu sia potuto arrivare alle Porte del Paradiso.” C’era un ridacchiare generale nella sala da bar; anche i ballerini si erano fermati nel bel mezzo delle loro giravolte per esaminare questo pazzo che voleva portare i suoi soldi in Paradiso. “Qual è il tuo nome, amico?” Caleb sapeva che era il momento di dire a Ranger che doveva andarsene. Alzandosi in tutta la sua altezza, era sul punto di lasciar scorrere un fiume di imprecazioni, quando il suo sguardo cadde sul manifesto di cartone che si era srotolato lungo il tavolo. Scritto a stampatello irregolare, spiegava: TOM RANGER CIECO EX-SOLDATO NON HA BISOGNO DELLA TUA PIETA’ MA I SOLDI FARANNO PIACERE BEVO E FUMO PROPRIO COME VOI.

“Oh Cristo!” Disse Caleb; si sentiva a disagio di fronte a quella forma d’ invalidità. Era improvvisamente senza parole. “Mi dispiace”.

“Già” disse non curante Ranger “così va il mondo. Spero non t’importi dell’ortografia, perché ho dettato la maledetta cosa a qualche cretino che non sa scrivere neanche per campare”. Volse i suoi occhi senza vita verso Caleb. “Non mi hai ancora detto il tuo nome. A giudicare dalla tua riluttanza deve essere uno di quei segreti di stato ben nascosti.” Lasciò perdere e poi disse: “Ma prima di tutto… arriva il mio drink o no?” Come se gli fosse stato dato un segnale, il meditabondo cameriere cominciò improvvisamente ad aggirarsi da quelle parti con un vassoio; “Che genio scontroso!”, pensò Caleb.

“Dai all’uomo ciò che vuole, io prenderò un'altra birra,” disse al cameriere; girandosi verso Ranger, si presentò: “Mi chiamo Caleb Zungu.”

Ranger alzò due dita nella vaga direzione del cameriere. “Attento con l’acqua.” Riappoggiò le sue braccia sul tavolo. “E tu cosa fai nella vita, Caleb Zungu?” e, prima che Caleb potesse rispondere, chiese: “Sei una specie di venditore, no?”

Ja,” disse Caleb “vendo assicurazioni.” Si fermò. “È così evidente?”

“Amico,” Disse Ranger, “da quando ho attraversato quella porta, ho sentito questa sensazione di tristezza, sai cosa intendo, e ho sentito che c’era qualcuno oltre l’angolo, che beveva da solo o contemplava il suicidio. O entrambe. Noi ciechi possiamo diventare cosi maledettamente noiosi”. Sorrise in modo autoironico, allargò le braccia, il suo volto illuminò l'oscurità. “Esattamente questa fottuta impressione, amico.”

Ranger era un professionista, pensò Caleb, ma era un tipo onesto. Le strade di Johannesburg brulicavano di persone a caccia di rand, alcune con idee geniali in tasca. Le strade erano piene anche di bambini che se ne infischiavano del traffico, facevano l’elemosina e rendevano la loro condizione nota a tutti in tutte le lingue della nazione. Per principio, Caleb non aveva mai fatto l’elemosina a nessuno; era il governo che aveva la responsabilità nei confronti dei poveri. Anche se loro non votavano - e molte cose erano state fatte per loro - continuavano ad essere figli di questa Repubblica. Milioni di rand venivano sperperati per l'acquisto di giocattoli militari di distruzione, in un paese che affermava di non avere nemici esterni; i dipartimenti del welfare arricchivano i loro consulenti, e, allo stesso modo, altri dipartimenti governativi gettavano soldi per investire in grandi opere ed elefanti bianchi[9]. Come nel grande business, i manager guadagnavano salari oltre ogni immaginazione. Le loro auto e le loro case a Sandton avrebbero potuto dar da mangiare, vestire e dare alloggio ad intere popolazioni per mesi e mesi. Che Caleb fosse dannato se sapeva chi realmente fosse un caso pietoso. Molte delle persone sui marciapiedi dicevano di aver bisogno di soldi per sfamarsi; di certo, non appena raccattavano qualche moneta, sarebbero corsi alla più vicina enoteca. Una volta, in un raro momento di generosità, diede dei soldi ad un ipotetico mendicante che subito dopo aveva pescato mentre comprava una copia di Penthouse. Nossignore, non è un moegoe - uno scemo. La sua missione sulla Terra non contemplava l'aiuto a qualche abitudinario depravato. Non era colpa sua se stava iniziando a pensarla come Spicer. Caleb aveva guadagnato soldi che ora non aveva.

Mentre Caleb e Ranger parlavano della vita e della morte sorseggiando le loro bevande – e mentre quest’ultimo faceva frequenti giri in bagno – i clienti che entravano nel bar andavano aumentando trasformandosi in una folla. Gli uomini alzavano lo sguardo e sorridevano o facevano un cenno con la mano quando ritenevano che Ranger stesse diventando più chiassoso del solito, finché Caleb non gli disse di abbassare la voce. Era allo stesso tempo estasiato e disgustato da quel cieco uomo bianco.

Il cieco occhio dei veggenti. Questo pensiero si insinuò nella mente di Caleb, gratuitamente, un commento sulla condizione in cui si trovava e sul mondo degli affari dove era assente qualsiasi visione. Aveva assillato l’azienda per consentirgli di andare a Pretoria e a Città del Capo, dove era sicuro che avrebbe venduto assicurazioni ad un gruppo di nuovi parlamentari. Gli era stato pure impedito di organizzare un incontro con i funzionari dell'RPD a Pretoria. Caleb aveva elaborato una presentazione che riteneva infallibile, grazie alla quale la Allied Life sarebbe stata considerata un alleato del programma di sviluppo del governo. “Johannesburg”, aveva detto Spicer, “o più precisamente, il municipio, è il tuo settore. Dimentica tutti questi piani di sviluppo.” Le altre compagnie assicurative avevano buoni rapporti di lavoro con il governo. Anche formazioni come il Cosatu[10]avevano permesso ai venditori di assicurazioni di avere accesso ai loro dipendenti. Lui, Caleb, avrebbe dovuto fare affari via telefono o a piedi. Gli era in effetti stato affidato un compito che non si aspettava.

Ma siccome Caleb era ancora determinato a uccidersi, Spicer e la compagnia assicurativa entrarono a far parte di quell’altra vita, lontana come le stelle, che avrebbe impedito la sua uscita di scena. Improvvisamente, si sentiva bene e sapeva che non gli sarebbe mancata, non ci sarebbe stato spazio per una tale indulgenza dopo la morte. Caleb credeva nell’aldilà; era convinto che i fantasmi camminassero tra noi, forse trasformati in granelli di polvere, come questi, all’interno del bar che fluttuavano disordinatamente nel mulinello di un solo raggio di luce. Quando era bambino, sua nonna gli aveva detto di rispettare non solo la vita ma anche le cose inanimate. Avrebbe smaltito la sbornia, pensò Caleb, se alcuni degli oggetti inanimati del bar avessero preso vita.

“Non capisco” disse Ranger “Vorresti dire che ti vuoi suicidare solo perché stai perdendo i capelli?”

“C’è qualche altra ragione?”. Caleb pensò che fosse inutile dargli volontariamente informazioni sulla sua situazione con la banca o sulle sue personali frustrazioni a lavoro. “Non è abbastanza?”.

"Ho aiutato molte persone a suicidarsi" disse Ranger. "Ma sono stati casi davvero disperati. Come quel tipo che diventò impotente e di conseguenza sua moglie iniziò a divertirsi altrove. Anche se avesse potuto riacquistare la sua virilità, il suo matrimonio era finito, kaput. Poiché sarebbe stato per sempre perseguitato dall'immagine della moglie che se la spassava con un altro - sai cosa intendo?"

Caleb annuì. Era abituato all'umiliazione e alle figuracce del cornuto. C'era stato un tempo in cui sospettava che Nothando frequentasse un altro uomo. Era stato allora che aveva conosciuto la natura distruttiva della gelosia. Quando lei si vestiva e si truccava, arrivava alla conclusione che si stesse facendo bella per andare ad un appuntamento segreto con l'amante. Due dei suoi migliori amici gli dissero che si stava comportando da idiota. Nothando era una donna affidabile. Fu proprio a seguito di tale giudizio che Caleb iniziò a seguire sua moglie, aspettandosi di coglierla in flagrante delicto[11].

Caleb sapeva di essere oramai abbastanza ubriaco quando iniziò a pensare in un latino da scuola per corrispondenza. Sentì come se la lingua gli si fosse gonfiata in bocca. Allora prese un'altra birra alla spina, convinto che fosse meglio morire non compos mentis[12]. Gli piaceva questa frase. Se fosse stato per lui, avrebbe fatto il discorso della sua assicurazione in latino, visto che Spicer gradiva tanto ostentarlo nella sua area di competenza di bianco.

"Vuoi che ti aiuti?"- chiese Ranger.

"Si" - rispose Caleb. "Non ho bisogno di alcun preambolo. Nessuna predica dell'ultimo minuto circa la sacralità della vita, o che mia moglie e le ragazze non saranno in grado di arrivare alla fine del mese. Non me ne parlare. Non mi interessa". Tuttavia la sua coscienza sporca lo tormentava. Capì di dover ideare un piano che avrebbe fatto apparire la sua morte come un incidente. Gli occhi delle bambine lo fissavano dal fondo del bicchiere di birra.

"Come desideri andar via? Un proiettile alla nuca? Un veleno? Una corda? Beh, questo non è per niente piacevole." Ranger si piegò in avanti con aria cospiratrice, tentando, comunque, di apparire come qualcuno che stava trattenendo un rutto. "Sai, mio padre era un boia. Ora che c'è questa moratoria della pena di morte è disoccupato. Ma nel fiore degli anni fu molto richiesto. Impiccò molte persone, anche nei paesi limitrofi." Fece un cenno col capo come se stesse concordando con un nonsoché che gli sussurrava nella parte più profonda degli occhi ciechi. “E lo sapevi che quando ti impiccano a Pretoria, non è lo strangolamento, come molti credono, ma il collo rotto che effettivamente ti uccide?”

Sentendosi un po' nauseato, Caleb ammise di non saperlo. Provava per il suo strano amico un rinnovato rispetto. "È lì che hai imparato tutto questo... aiutare le persone?" Si rese conto della stupidità della domanda. "Non avresti potuto comunque, visto che sei cieco e tutto il resto..."

"No" disse Ranger, sventolando la mano da una parte all'altra del viso, proteggendosi gli occhi con le dita aperte. "Questa è una cosa recente, risale a cinque anni fa. Ero nell'esercito e stavo addestrando alcuni principianti quando, nel maneggiare degli esplosivi, quella dannata cosa ha fatto ka-boom! Ed ecco qua, addio occhi!"

Poi Ranger ruotò gli occhi verso Caleb come se lo stesse guardando. "Sono stato fortunato a non aver perso l'udito, o addirittura la vita." Rideva sotto i baffi. "Il mio vecchio ne avrebbe sofferto." Poi con una voce canzonatoria così bassa che Caleb dovette avvicinarsi, Ranger intonò qualcosa che dava l'idea di una preghiera:

Quando sarò morto, soffoca il tuo pianto 
quando il mesto rintocco della lugubre campana 
farà sapere al mondo che me ne sono andato 
da questa vile terra in pasto a vermi ancor più vili

Poi la musica si fermò e un orologio da qualche parte nel bar suonava l'ora. Come se questo fosse un segnale, Ranger si rimise in piedi, arrotolò il suo cartello. "Finisci di bere, amico," disse "Bill Shakespeare ci indica che è giunto il momento."

"Era Shakespeare quello che hai citato prima?"

Caleb lo chiese mentre stavano uscendo dal bar.

"Ja[13]. Ho pensato che sarebbe stato un buon epitaffio per te."

Caleb non disse nulla per un po', percependo il peso delle parole di Ranger. L'uomo era, senza dubbio, uno svitato ma possedeva una profonda saggezza e tanta esperienza dalla quale avrebbe potuto attingere a volontà. Caleb sospettò che il proprio fallimento nella vita potesse provenire proprio dalla sua inesperienza. Se avesse avuto intenzione di continuare a vivere, sarebbe certamente andato a ravvivare le conversazioni serali a cena con alcune di quelle parole che uscivano disordinatamente dalla bocca di Ranger.

Era un limpido, soleggiato giorno d'Aprile quando uscirono, e il sole splendeva sopra gli occhi di Caleb. Sembrava come se gli abitanti della città si fossero triplicati da quando era entrato nella taverna; giovani in abiti invernali oziavano davanti agli ingressi. L'industria del sesso, annunciando nuovi costumi e licenze, prosperava con cartelloni fissati ai muri con sopra aggeggi sessuali stilizzati. Le bancarelle appesantite da avocadi giganti, cavoli, pomodori e da un vasto assortimento di frutta succosa, si moltiplicavano agli angoli della strada. Al ronzio e al ruggito del traffico si aggiungeva lo stridente lamento della sega elettrica del macellaio. Donne e ragazze erano sedute su tappetini intrecciati lungo i marciapiedi a vendere pezzi di stoffa, cosmetici, orologi e audiocassette. L'euforia dei ritmi della musica zairese a cui Caleb e Ranger avevano resistito nel bar ora proveniva dagli altoparlanti delle botteghe, aumentando significativamente la temperatura di quel pomeriggio autunnale. Sul marciapiede e sulla strada, le persone camminavano come se fosse il primo giorno della creazione, alcuni bambini senza custodia toccavano i fiori, pizzicavano le guance delle bambole o tastavano la trama delle stampe calicot; un intero soggiorno tappezzato in pelle color carminio sembrava spoglio sul terreno aperto. Un uomo anziano, come fosse vittima di un recente sfratto, sedeva su una delle poltrone a leggere la Bibbia, ovviamente con il frenetico via vai intorno a lui. Questa breve passeggiata fino alla macchina procurò a Caleb uno strano brivido, i colori pastello delle mura che si riflettevano sulle carrozzerie delle macchine in movimento, gli causarono una rapida confusione mentale. Osservò tutta quella energia, la vita in movimento, imprimendola nella sua memoria come inchiostro indelebile.

Appena si avvicinarono alla macchina, Caleb chiese, "Cosa fai, quando non chiedi l'el...?" Non trovava la parola giusta, meno offensiva, per dire 'chiedere l'elemosina' o 'truffare'.

"Quando non spenno voi piccoli bastardi normo-vedenti?" Ranger concluse al posto suo. "Gioco a Scarabeo. Intendevo brevettare la variante del gioco per i non vedenti, ma alcuni saputelli ciechi mi hanno battuto sul tempo".

Sorrise. "Il mio piano era un gioco plurilinguistico, e ciò significa che il valore delle tessere sarebbe stato differente. Stavo già parlando con un professore Zulu che mi aveva fatto notare il gran numero di "q" e "z" nel linguaggio africano. Sai, sto ancora pensando di sviluppare uno Scarabeo in dialetto tsotsitaal[14].” Caleb sapeva che sarebbe stato inutile dire a Ranger che lo tsotsitaal era qualcosa che si sviluppava ogni giorno e che, come l'arabo, assumeva forme diverse da regione a regione. L'ironia di tutto ciò era che lo slang in città andava aumentando proporzionalmente all' aumento della repressione. Ma lui aveva altre cose per cui lottare. “E' tua la macchina?” chiese Ranger esplorando i contorni del veicolo. Tirò la maniglia della porta e, poiché non si apriva, tese il braccio dicendo “Dammi quelle fottute chiavi, Zungu.” “Cosa?” “Ho detto: dammi le fottute chiavi! Guido io.” C'era un eccesso di violenza trattenuta a stento nel tono di Ranger. Caleb percepì l'immagine di pazza e cieca furia scatenarsi su di lui. Si arrese consegnandogli le chiavi. Ranger entrò dalla parte del conducente e si sistemò. Si allungò lateralmente per aprire la porta e far entrare Caleb. Istintivamente, Caleb tirò la cintura di sicurezza per fasciarsi. “Niente cinture di sicurezza”. Disse Ranger. “Vuoi morire, vero?” Ruotò gli occhi in direzione del passeggero. Poi inserì la chiave, rilasciò il freno a mano e provò le marce. “Sì” disse Ranger guidando la macchina dal parcheggio alla strada. “Adesso siamo soci”. Poi Ranger spinse il piede sull' accelleratore, sparando la macchina sulla strada, facendo disperdere come birilli un gruppo di Mozambicani. “Guidavo sempre a New York” disse Ranger mentre lanciava l'auto oltre il semaforo giallo a sinistra su Abel Road sfiorando un minibus. Il taxi si scansò per evitare Ranger, quasi urtando il camion delle consegne. “Città semplice in cui guidare, New York. Perfetta per le persone cieche come me, con tutto il Braille delle buche”. Si fermò per cacciare la testa fuori dal finestrino e maledire il tassista. “Che problema hai? Ci vedi o cosa?” Mentre accadeva tutto questo, Nothando stava pigramente sfogliando delle riviste come Cosmopolitan, Style e Drum, fermandosi alle colonne dei consigli. Lesse del contributo che Tom Crabtree aveva dato alla calvizie maschile. Lanciando velocemente la rivista sulla scrivania, si mise la giacca e prese la borsa. Marcia era nella cucina dell'ufficio a bere la sua ennesima tazza di caffè parlando fino alla noia di paparini per mantenute. Nothando catturò l'attenzione dell'amica colpendosi il polso per indicare che era l’ora di pranzo e battendo in ritirata verso l'ingresso. Molte delle dattilografe, giovani donne in adorazione sulle reliquie dei centri commerciali, facevano un lungo stacco per il pranzo. Solo poche vittime di superiori-tiranni rimanevano ancora al lavoro, colpendo i tasti delle loro tastiere e rispondendo bruscamente a richieste di informazioni telefoniche. L'inferno è nulla al confronto di una donna privata della sua ora di pranzo. Nothando ricordò una storia che aveva sentito da un amico di ritorno dall'esilio. Lo staff di segreteria nel quartier generale dell'ANC a Lusaka era stato mandato a fare un corso dove si veniva istruiti, tra le altre cose, ad usare le buone maniere al telefono. L'allora presidente Oliver Tambo chiamò il suo ufficio. 'Quartier generale dell'ANC'; una voce dolce disse 'Parla Dudu. Buongiorno, in cosa posso aiutarla?' Tambo dovette chiedere due volte se quello fosse l'ufficio dell'ANC. Fu assalito dal dubbio che forse la sua organizzazione era stata sostituita dall'ambasciata svedese, prima che si convincesse di aver fatto il numero giusto. Mentre ascoltava il ronzio dei computer e lo sbuffare della fotocopiatrice, Nothando si meravigliò dell'ammontare di fogli che venivano stampati ogni giorno in ufficio. Accompagnata da Marcia, adesso mostrava il suo pass al cancello di sicurezza e stava aspettando mentre le aprivano la porta. Nothando si senti indicibilmente stanca; lo stress del lavoro, combinato con quello che era diventato il compito ingrato di tirar su due ragazze testarde, stava iniziando a farsi sentire. Inoltre, sentiva che Caleb le avrebbe fatto venire il mal di testa. “Buffo”, pensò, “come un giorno ti sposi uno che sembra l'uomo dei tuoi sogni e poi, bang! qualcosa durante la notte lo trasforma in un essere panciuto, dalle gambe sottili, con i peli della barba che ti irritano da morire”. Molte delle donne in ufficio non si vergognavano dei mezzi che impiegavano per compensare la noia suburbana. Ma lei non voleva più fare giochetti. Nothando una volta aveva seriamente considerato la possibilità di un'avventura extra-coniugale, ma il suo io interiore l'aveva redarguita; una relazione le avrebbe procurato un gran mal di testa. E poi c'era quell'eterno, fatale avvocato della castità, l'AIDS. Sul luogo di lavoro, si sentiva in dovere di ammonire le compagne sui pericoli del sesso occasionale. Sebbene conoscesse a fondo il lavorio della malattia del terrore e come si potesse contrarre, non riusciva a immaginarsi mentre diceva ad un uomo di indossare il preservativo. Una volta ne provò uno, ma lo gettò subito. Si era sentita come se stesse camminando con un sacchetto di plastica tra le gambe. Cosi niente relazioni extra-coniugali fickie – fickie, come direbbe qualche spudorato cliente arabo. Marcia interruppe il suo treno di pensieri suggerendo di sostituire le solite costolette e patatine con alcune ciambelle alla crema di formaggio di Feigel Kosher Delicatessen su Raleigh Street. La lunga via di Yeoville era cosi piena di persone che girovagavano senza meta che Nothando segretamente desiderò il ritorno del rigido controllo imposto sull'affluenza di popolazione nera nei centri urbani nel periodo dell'Apartheid. Gustando piacevolmente la sua ciambella mentre la macchina scivolava lentamente giù verso Hendon, lei ricordava i tempi in cui solo la vista di una uniforme da poliziotto significava meno fannulloni in giro. Ora, pensava, ai malandrini non gliene importava niente; quando vedevano un poliziotto cercavano di vendergli una radio rubata. Lo spirito della nuova imprenditorialità: il custode diurno della macchina diventava un ladro notturno. “L'Apartheid è stato terribile, sicuramente, ma forse, non è giusto gettare via il bambino con l'acqua sporca”. Alcune leggi dovevano rimanere, altrimenti come poteva una donna sentirsi al sicuro? La gente ha delle priorità. Giusto! ...Inutile prendersela.

Fu allora che vide la macchina. Non c'era alcun dubbio: era la vecchia macchina rosa di Caleb che saltò fuori da Abel e si infilò verso Harrow e quasi volava contro il muro dietro il quale stavano gli appartamenti di lusso Courtleigh; per un pelo non investiva un venditore ambulante, che stava fischiando, mentre stava sulla striscia continua nel bel mezzo della strada. Marcia disse: ' Ma quello non è ...?'

Ja, uCaleb’. Nothando gridò, in zulu, il suo principale conforto in tempo di crisi. ‘Mlandele’. Sentì uno stridio di freni e rumorose imprecazioni quando gli autisti sterzarono per evitare la folle freccia rosa che stava piombando su di loro. Marcia sfrecciò oltre il semaforo prima che diventasse rosso, sterzò con forza e puntò la Toyota giù verso Harrow Road, sfiorò una Volvo guidata da alcuni Ebrei Chassidici. Tre macchine dopo, la Renault acquistò velocità sfrecciando verso sud.

Nothando lesse la successiva insegna blu e bianca, Doornfontein; dove stava andando Caleb? E a quale velocità? Marcia sorpassò due macchine.

Nothando guardò fuori dal finestrino, vedendo il vecchio teatro Alhambra e un furgoncino che si lanciava su Bates Road. ‘Non preoccuparti!’ disse Marcia. Gocce di sudore sul suo naso: ‘Lavoravo in nero con Maxi Taxi…il mio secondo lavoro’. Poi sulla loro sinistra l’inferriata scheletrica oltre la quale c'era la ferrovia per Germiston, Brakpan e Benoni.

Nothando osservava tutte queste strutture che erano parte integrante della sua città – ora strana, molto simile alla sua auto familiare che ora correva verso l’inferno- la cava, la vecchia miniera, le travi e i cavi erano ormai vecchie glorie. Più lontano, sopra la macchina del marito, stava la fabbrica di gomme, Dunlop. Si chiese perché gli Americani avevano scelto di chiamare i preservativi ‘gomme’. “Caleb, stupido figlio di puttana, perché stai facendo questo?”

Lui sta provando ad uccidersi’. Questo pensiero l’assalì non appena sentì il suono delle sirene alle sue spalle. Gli venne in mente Chris, un vecchio amico d’infanzia che aveva provato a suicidarsi. Era stato piantato in asso dalla sua fidanzata. Chris aveva detto a tutti quanti che parlava seriamente riguardo al suicidio. Nothando e un gruppo di amici lo seguirono di nascosto mentre lui cercava un albero nel Mofolo Park. Loro non avevano mai visto realmente una persona morta, questa poteva essere una opportunità unica. Lo videro mettere dei blocchi di calcestruzzo sotto l’albero, girare la corda intorno al ramo e fare il cappio intorno al suo collo. Ma l’albero era un alberello: si piegò con Chris, Nothando pensò ad una di quelle trappole inefficaci che i ragazzi dal vicinato creano per gli uccelli. Avendo fallito, Chris camminò verso i binari vicino alla stazione di Orlando. Si stese sulle rotaie e aspettò il treno. Il sole era caldo e questo significava che le rotaie d’acciaio erano bollenti. Chris lasciò le rotaie e cercò pezzi di cartacce tra i cespugli. Mentre continuava la sua strana raccolta, un treno passò. Lui tornò sulle rotaie e si preparò un letto. Nothando e i suoi amici si accovacciarono sull’erba, aspettando il treno. Ciò che arrivò non era il treno ma un gruppo di operai nelle loro tute ocra, ognuna con il logo SAR&H sul petto. Portavano insegne che Chris avrebbe piacevolmente aggiunto al suo giaciglio. La South African Railways e Marbans Union aveva indetto uno sciopero molto presto quella settimana, a causa della penuria di treni. Gli operai che cantavano e giocherellavano sulle rotaie producevano un suono non differente dall’haka dei Kiwies[15], quando videro Chris. Dal momento che essere sventrato da parte a parte non era parte del repertorio suicida, si alzò e scattò verso i cespugli, oltre il recinto e subito sul marciapiede della città.

Nothando sentì uno schianto mentre la Renault rosa volava sull'autostrada verso Rissik Street.

Le sirene diventarono più forti; i veicoli alla loro sinistra sbandarono e i freni scricchiolavano poiché ogni automobilista cercava di evitare di rimanere coinvolto in un tamponamento a catena. Nothando non riuscì a ricordare quando e come lei fosse uscita fuori dalla Toyota, ma si trovò a correre verso l’auto distrutta di Caleb. Acciaio e cromo maciullati, ruote che giravano, camion che giacevano a terra come cadaveri di scorpioni, luci lampeggianti e l’incessante rumore delle sirene - tutte queste immagini e suoni si fondevano nella mente di Nothando, scossa da fremiti, come se nel suo petto stesse avvenendo una lotta.

Strillò: “Caaaaaaaaleb!”

Quell'urlo, proveniente da polmoni che erano stati addestrati nei cori della chiesa, alle veglie e agli ammonimenti su bambini ribelli, risuonò al di sopra del traffico, quasi frantumando i timpani degli agenti di polizia vicini e degli spettatori, e spaventò uno stormo di piccioni che si librò a mezz’aria e salì verso un cielo più tranquillo. Fu udito perfino nell’ufficio del concessionario tra la Eloff e la Albert Street. I pendolari uscirono dalla stazione Faraday fermandosi a metà corsa, rizzarono le orecchie e si precipitarono alla fonte dell’urlo. In un’intervista del Sowetan, successivamente, quel pomeriggio, si lesse che uno chef, che in quel momento stava lavorando in cucina, aveva abbandonato il suo pollo fritto alla Chicken Licken perché, secondo lui, quello che aveva sentito era una tromba che anticipava il Giorno del Giudizio. Un robusto poliziotto, il Maresciallo Van Vuurren, fermò la sua volante e si addentrò nella mischia. Fece sgomberare i curiosi fino a quando non arrivò alla macchina schiantata. Lavorando con gli addetti agli incidenti, aprì le portiere, trascinando i due uomini fuori, e li pose sulla strada. Nothando, senza fiato, si precipitò da Caleb, detergendo il sangue dalla fronte con la sua giacca. Sussurrando il suo nome ripetutamente, guardò il suo viso, Nothando per la prima volta notò che aveva una vecchia cicatrice a forma di cuticola sopra il sopracciglio sinistro. La consapevolezza di aver perso questo piccolo dettaglio le provocò una serie di emozioni mai provate prima. Nothando sapeva di amare Caleb, quello stupido suo eroe caduto, che adesso giaceva come un tronco, respirando l’odore disgustoso di catrame e calzini sporchi. Quando aprì i suoi occhi e sorrise, Nothando quasi pianse di gioia. Ma poi i suoi occhi furono accecati dalla rabbia. Lo tirò su poiché non si reggeva in piedi. Spingendolo contro l’auto, iniziò a colpirlo, urlando: “Tu, bastardo, bastardo, bastardo...” fino a che, esausta, crollò su di lui. Van Vuuren, che ovviamente non aveva letto l’ultimo tratto del Commissario George Fivaz[16] sulla polizia comunitaria, era impegnato a schiaffeggiare un Ranger parecchio intontito.

Brutto stronzo,’ Van Vuuren sibilò, 'Quante volte ti ho detto di non creare problemi? Sai che ti stai prendendo gioco di noi?’

“Agente,” disse Caleb, divincolandosi dalle braccia di Nothando, “non puoi fare questo a Ranger. Lui cercava di aiutarmi”.

Van Vuuren si voltò e scrutò Caleb. “Tu, stupido idiota!”, disse, “Dovresti considerarti fortunato, dato che lui non ti ha ucciso. Quest’uomo”, continuò, tirando Ranger da un’orecchio,’ è stato un maledetto grattacapo per noi fin da quanto ha lasciato Sterkfontein.’

“Non importa!” replicò Caleb. “Quest'uomo è cieco. Dopotutto...”

“Cieco?” Van Vuuren rise. “E’questo il tuo ultimo trucco ora?”

Si girò verso Ranger.

“Dimmi che sei cieco, figlio di puttana, ed io ti giuro che ti caverò gli occhi personalmente.”

Ag,” disse Ranger in modo colloquiale, “Sia ragionevole, Colonnello.” Si scrollò. “Un uomo deve vivere appieno.”

La folla che si era raccolta si dileguò. Arrivò un’ambulanza e i due uomini furono portati all’interno. Nothando salì e si sedette accanto al marito stordito. Caleb ancora non riusciva a credere che Ranger non fosse cieco. Avrebbe voluto saltargli addosso e colpirlo, ma si sentiva troppo debole, soprattutto al pensiero che lui e Ranger se l'erano vista brutta.

Un mese dopo, Caleb rassegnò le dimissioni dal suo lavoro alla Allied Life e fondò un’organizzazione chiamata Progressive Hairlessness Educational Workshop con sede in un piccolo ufficio presso la nuova Corte Costituzionale a Braamfontein. La PHEW, così era conosciuta da tutti, non iniziò nel migliore dei modi, dal momento che i media la reputavano una truffa colossale. Ma non conoscevano la tenacia di Caleb. Lavorando notte e giorno, egli fece un sondaggio tra i vecchi clienti delle sue polizze (e le persone non lo schivavano più adesso che non era una minaccia) e convinse le celebrità calve nella regione del Gauteng ad appoggiare la PHEW. Ranger chiuse con le sue disavventure per dare una mano agli altri. I due uomini misero un'inserzione sul giornale, approfittarono di ogni occasione per parlare della calvizie alla radio. Usando la sua assicurazione, Caleb brevettò un logo, un uovo con un sorriso disegnato sopra e, al di sotto, le scritte 'PHEW' e 'Orgoglio dei calvi' in minuscole lettere rosse.

Le lettere di corrispondenti interessati inondavano l’ufficio. Addirittura, ebbe inizio un dibattito (perciò Caleb si tagliò tutti i capelli) circa la possibilità che le persone un po' stempiate potessero diventare soci della PHEW. Molti burloni, senza dubbio infiltrati, si vantavano su Radio 702 di avere uno dei database migliori in circolazione nell’industria e un'amministrazione che metteva le ali. La calvizie è un problema privato? recitava un titolo sullo Star del giorno seguente, reagendo all'improvvisa popolarità dei calvi. Ormai le sottoscrizioni cominciavano ad arrivare in massa. C’era bisogno di Nothando per occuparsi della crescente mole di lavoro. Dopo aver presenziato al talk show 'People of the South' di Dali Tambo, Caleb e Ranger furono invitati ad un tour nazionale di dibattiti televisivi. Una compagnia autmobilistica nello Uitenhage acquistò il franchising per commercializzare il suo ultimo modello esibendo il logo della PHEW senza le lettere. Caleb, Ranger e Nothando registrarono la PHEW come una società quotata in borsa a Johannesburg.

Caleb Zungu aveva quarantacinque anni, era sposato con Nothando da quindici anni e aveva due figlie, Buzi e Khwenzi, di otto e quattordici anni. Aveva una casa a Norwood, due automobili e due cani dal dubbio pedigree. Era l'amministratore delegato della PHEW Enterprises. Nothando e Ranger erano soci della compagnia. JM, che aveva dato prova del suo forte fiuto per gli affari, sarebbe diventato suo genero. La sua pronta accoglienza nella famiglia Zungu era dovuta alla sua prematura perdita di capelli. E i due cani furono finalmente chiamati con i loro veri nomi. Baldy e Beauty.

Traduzione del racconto A Gathering of Bald Men tratto da The Naked Song di Mandla Langa

di Luca Capodacqua, Giulia Ciardullo, Valeria Dorsa, Enrica Fuorivia, Pasquale Garofalo, Alysia Lepore, Elisa Vitalasse IIIB Liceo Classico B. Telesio Cosenza

A cura della Prof.ssa Catia Mele

 

[1] Kelly Girl società americana di ragazze con impiego da ufficio, che opera a livello globale

[2] Voetsek: termine anglo-africano che significa “pussa via” (in inglese= bog off)

[3] Rand: Valuta ufficiale del Sudafrica dal 1961 (una moneta da un rand ha un diametro di 19.43mm)

[4] Seal: cantante e compositore britannico di musica elettronica e blues con discendenze nigeriane

[5] Jay Naidoo: ex ministro sudafricano per la comunicazione (nel governo di Nelson Mandela) ed attuale membro della Commissione delle Nazioni Unite

[6] RDP: Rental Dwelling Policy, letteralmente “Polizza per gli Immobili a Noleggio”

[7] Real Dummies Pay: Paga per Veri Stupidi

[8] Mammona: È la personificazione del profitto, del guadagno e della ricchezza materiale. Viene solitamente idealizzata come un demonio, inoltre viene citata da Gesù nel Nuovo Testamento (dove assume il significato di “avidità”, come nella novella).

«Non potete servire a Dio e a Mammona» (Gesù, in Mt 6,24 e nel Lc 16,13)

[9]Elefante Bianco: È un'espressione che indica un qualcosa il cui costo (in particolare quello di mantenimento) non può essere sostenuto da colui che lo possiede. Trova le sue radici in una leggenda secondo la quale il re del Siam (attuale Thailandia) usasse regalare un elefante bianco ai cortigiani che si erano resi odiosi; poiché il suo costo di mantenimento era troppo elevato, costoro non erano in grado di sostenerne le spese.

[10]Cosatu (Congress of South African Trade Unions ovvero il Congresso dei Sindacati sudafricani)

[11] in flagrante delicto: espressione latina che sta a significare letteralmente "in flagranza di reato".

[12] non compos mentis: espressione latina che indica la condizione di chi non ha il controllo della propria mente. Il significato letterale è "non sano di mente".

[13] Ja: termine del linguaggio Africaans che indica approvazione. Usato anche al di fuori del continente africano come nel linguaggio di strada in alternativa al più comune “yeah”

[14] tsotsitaal: è una lingua creola parlata nelle zone urbane della provincia di Gauteng, in Sudafrica, soprattutto nelle zone di Soweto e Johannesburg. Deriva dall'incrocio fra lo Zulu, il Sesotho, lo Setswana, l'Inglese e l'Afrikaans, uniti a ulteriori influssi di altri lingue del Paese.

[15] haka dei Kiwis: l'haka è una danza originariamente tribale che viene oggi usata in alcune squadre di rugby, come la squadra nazionale neozelandese 'Kiwi'

[16] George Fivaz: storico Commissario Nazionale di polizia del Sud Africa, membro fondatore della società Specialists in Forensic Investigations and Risk Mitigation e svolge un ruolo fondamentale nella sua gestione e le attività giorno per giorno.