POESICA: poesia e canzone, espressioni coincidenti?
Già da tempo è sorto un interessante dibattito tra scrittori, poeti e musicisti: ci si chiede, infatti, se la canzone sia anche poesia. È qui che si intravedono gli orizzonti di due opinioni differenti, oscillanti tra chi ritiene che è possibile individuare la canzone nel filone della poesia e chi, invece, afferma il contrario.
Innanzitutto possiamo constatare che per poesia si intende l’espressione in versi del sentire umano, recepito dai lettori con reazioni completamente diverse, sottolineandone il valore universale, ma anche il fatto di non essere un elemento oggettivo e uguale per tutti, ma poliedrico, infinito, dalle eterne sfumature. Come sostiene Roberto Vecchioni, la letteratura riguarda la parola e, quindi, comprende sia l’espressione orale, sia quella scritta, senza dover scindere la poesia dalla canzone. D’altronde quest’ultima rappresenta i problemi e la vita dell’uomo tramite la scrittura, ma sceglie un modo diverso, per esprimere il significato che a loro attribuisce: il ritmo e il suono. Sarebbe, dunque, imprudente sostenere che la forma poetica non possa venire espressa mediante la canzone, poiché si tratta, in entrambi i casi, di arti incentrate sulla forza delle parole, delle emozioni dall’entità ambigua, multiforme, sulla raffigurazione della fugacità della vita e dei suoi tormenti.Sono entrambe strettamente legate con i sentimenti, ma la canzone dà loro forma semplicemente con la melodia, altrettanto enigmatica, ampolla di segreti. Le emozioni sono i fulcri di entrambe, fungono da protagoniste e dominano sugli eventi dell’esistenza umana. Nascono in un modo dall’animo di un autore, ma vengono sottolineate e custodite dal lettore sotto una chiave estremamente personale, legata a sé stesso e alle esperienze vissute. Sono l’emblema della soggettività, dell’inesistenza di una verità attuabile ovunque. Ed è proprio per questo che il Nobel a Bob Dylan ha rivoluzionato la concezione di letteratura, ampliando la sua forza espressiva anche all’ambito della musica, facendone un legame basato sulla comunicabilità dei propri pensieri e sentimenti.
I cantautori sono simili ai poeti, tessitori di parole, ma associano a questa abilità un’altra: la voce internazionale della musica affiancata da una semplificazione del linguaggio.
Dalle canzoni di preziosi cantautori traspariamo noi esseri umani, i versi delle poesie che leggiamo siamo noi. Come si fa a sostenere che il testo di una canzone che ci colpisce, tramuta, ci rivela la nostra identità, non sia la poesia dei nostri io? Eppure c’è chi, come Alessandro Baricco e Vittorio Magrelli, considera le canzoni inscindibili dalla musica e dal cantato, “imbarazzanti” se estrapolate dal contesto musicale. Ritengono che esse siano poesie strumentali e non reali, tutte sviluppate intorno all’intento di renderle cantabili, elaborate per il raggiungimento della propria fama, lontane dall’essenza della letteratura.
Si tratterebbe, pertanto, di un’espressione connessa necessariamente all’ascolto più che alla lettura e, se tentassimo di leggere il testo di una canzone, ci renderemmo conto che la melodia ha un ruolo importante, ma le parole suonano, comunque, come una guida per l’uomo, restano imponenti e trasmettono qualcosa di diverso a ciascuno di noi. E non si può certo credere che immensi cantautori come De Andrè, Guccini, Dalla abbiano scritto per conseguire successo, ma spinti da una forte passione che unisce al battito del cuore la bellezza della musica e dei termini in essa riversati. Mina ci ricorda di amare la musica, quella che ti medica, ti estorce le lacrime, l’unica entità che ti può capire: la poesia dell’umanità.
Alice Rizzo, II A Quadr.
Articolo inviato dal Prof. Flavio Nimpo