UN POPOLO DA SEMPRE IGNORATO
La resistenza curda è donna. L’esercito delle soldatesse che da anni lottano in prima linea per sconfiggere lo stato islamico, è tornato sotto i riflettori nelle ultime settimane dopo l’offensiva turca nel nord-est della Siria contro i curdi e lo fa lanciando un appello accorato al mondo intero.
La questione curda affonda le sue radici in tempi remotissimi. Da secoli questo gruppo etnico chiede invano un proprio Stato. Con lo smembramento dell’Impero Ottomano nel primo dopoguerra, sembrava finalmente che il risultato potesse essere ottenuto ma le promesse fatte dai vincitori del conflitto non furono mantenute e il popolo curdo, nei decenni a seguire, ha continuato a vivere in queste terre divise tra Turchia, Siria, Iraq, Iran e Armenia, rimanendo in minoranza e vedendosi negato il riconoscimento di una propria identità nazionale.
Lo scontro con la Turchia è riconducibile a questa premessa ma è alimentato soprattutto dalla posizione che essi hanno avuto negli ultimi anni nella lotta all’Isis affianco degli americani, i quali hanno chiesto aiuto ai curdi siriani per liberare i territori a nord della Siria, in cambio di un appoggio per la creazione di uno stato autonomo.
Un progetto questo che non poteva star bene alla Turchia, confinante proprio con quelle terre. Dal 2015 sono iniziati gli attacchi militari. Lo scorso 9 ottobre l’escalation di una situazione di conflitto che vede i curdi impegnati a rivendicare la propria posizione, nella indifferenza della comunità internazionale e dell’America. Il Presidente USA, Donald Trump, infatti ha dichiarato di non sentirsi in dovere di aiutare il popolo curdo che combatte per la propria terra e che “durante la Seconda Guerra Mondiale non ha dato il suo appoggio agli americani”.
Immediata e decisa la reazione delle donne curde davanti alla violenza, al sopruso e all’indifferenza. Un appello che è un grido al mondo intero. “A tutte le donne e ai popoli che amano la libertà”. Una richiesta di aiuto da parte delle donne curde che è al tempo stesso un inno alla libertà, ai principi di giustizia, di rispetto delle identità dei popoli e degli individui, un appello appassionato alla solidarietà internazionale perché si imponga alla Turchia il rispetto dell’autonomia di questo popolo e perché si garantisca la condanna di tutti i criminali di guerra.
E proprio mentre si celebrano i trentanni dalla caduta di un muro che a Berlino divideva il mondo in due, provocando divisioni e odi profondissimi, da una lontana terra dell’Asia, da un gruppo di coraggiose combattenti, si alza una voce affinché si costruisca un ponte e si abbatta ogni muro ed ogni divisione per garantire dignità e rispetto.
Marianna Crocco, classe I B EUROPEO