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Questo testo racconta la relazione tossica tra una donna e la sua compagna Amazzonia, entrambe legate tra di loro da un forte sentimento d’amore. I due personaggi rappresentano gli elementi diventati protagonisti di uno degli scenari attuali più preoccupanti per la nostra società: il disastro ambientale.
 
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Mi hai lasciata sola, in una casa che non sento più mia da quando non ci sei. Il tempo sembra non trascorrere mai, le giornate si colorano di un grigio più intenso, ormai vivo per inerzia.   
                                                                 
Stamattina mi sono svegliata dopo circa tre ore di sonno perché, forse non lo sai, ma da quando non sei qui con me, fatico a dormire.                                 
Ho alzato la testa dal cuscino e un sentore di vuoto e dolore ha cominciato a farsi strada dentro di me.                                                                              Andavo incontro a questa sensazione ogni mattina da circa sei mesi ma ancora non riuscivo ad abituarmi. E sai perché? Perché mi manchi. Sento nostalgia della tua freschezza, del profumo che emanava il tuo corpo perfetto. Un fisico non come quello delle modelle in televisione, ma ancora più bello.                   
La tua figura dalle meravigliose curve mi donava un senso di protezione che percepisco ancora adesso semplicemente pensandoti.                                     
In realtà ciò che più mi affascinava di te era la personalità.                         
Eri un po’ come le stagioni, d’inverno fragile e insicura, di primavera piena di gioia e allegria, d’estate sempre in vena di far festa e d’autunno pensierosa.  Io ti preferivo in autunno, quando entrambe ci spogliavamo delle nostre paure e parlavamo a cuore aperto. Ci scoprivamo a vicenda e rimanevo incantata dal tuo modo di essere così naturale, senza filtri: eri forte e sensibile allo stesso tempo. Per questo io ti amavo. In relata provo ancora questo forte sentimento per te ma è accompagnato dal senso di colpa.                                             
Se ti avessi prestato più attenzione, se ti avessi protetta, nonostante entrambe sapevamo che tra noi due tu eri la più forte, forse saresti ancora qui. Ma da cosa dovevo tenerti alla larga? Da me stessa? Come potevo? Ti amavo troppo, più di quanto amassi me ma ero troppo egoista per lasciarti vivere.     
Ho sbagliato si, me ne sono resa conto poco fa, quando leggendo un articolo di giornale è apparsa una tua foto: “Brucia, Amazzonia è devastata”. Non era il fuoco della passione che ardeva ma le fiamme di chi stava morendo. Vedevo numeri e parole fluttuare sul foglio di giornale. Non ho resistito, sono scoppiata a piangere, ho affondato la testa nel cuscino del divano e ho lascito che le lacrime intrise di dolore lo bagnassero. Mi mancava l’aria, non riuscivo a respirare. La tristezza si era trasformata in rabbia.                                 
Come potevano i giornalisti parlare di te con così tanta superficialità? Parlavano di statistiche, facevano pronostici, raccontavano di numeri e calcoli per verificare in percentuale quanta parte del tuo corpo si fosse ridotta in cenere. È colpa mia, non ho saputo raccogliere le tue richieste d’aiuto perché ero concentrata su me stessa. Non avrei mai più rivisto il tuo sorriso la mattina appena sveglia. Io sono la tua assassina. E adesso la sola cosa che posso chiederti è: “Scusa” e te lo dico con il cuore in mano.
                                                                                                                                             Marianna Crocco, 2B EUR
Articolo segnalato dalla Prof.ssa Anna Settino.
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